Sky vs Mediaset. Guerra aperta?
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Come nella Formula Uno o nel Moto GP ci sono sorpassi che fanno la storia. E in effetti anche in questo caso di una corsa si tratta: quella verso gli ascolti tv e gli introiti pubblicitari che, per la prima volta, hanno visto arrivare sul podio la squadra di Sky (come annunciato dal Presidente dell’Autorità
per le garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò) in barba al colosso Mediaset che in questo modo scende al terzo posto nella classifica dei ricavi (al primo c’è ancora la Rai, anche se con numeri inferiori rispetto a quelli degli anni passati).
Una sconfitta che brucia non poco e che porta inevitabilmente a far riflettere. Cosa è successo nel panorama televisivo italiano? Forse è più facile arrivarci pensando a cosa non è successo dalle parti di Rai e di Mediaset. “Cambiamento” è probabilmente una delle parole chiave, un cambiamento che nelle reti “storiche” del nostro Paese non è avvenuto o è avvenuto ancora troppo poco. Libertà di scelta e completezza dell’informazione – punti forti e vincenti di Sky – sono infatti ancora, al contrario, il tallone di Achille di Mediaset e Rai. Se da una parte abbiamo insomma un cliente attivo e libero di scegliere, dall’altra troviamo un telespettatore ancora passivo che trova nel telecomando uno strumento che ha ben poco potere. Così, in un’annata davvero povera per tutti di introiti pubblicitari, succede che Sky è l’unica a registrare una lieve crescita invece di un vistoso calo come è successo per le tv cosiddette “generaliste”.
Certo Sky non si nutre di sola pubblicità, bensì di abbonamenti che continuano ad aumentare grazie alla perenne evoluzione dell’offerta che la tv di Murdoch non smette di promettere e di realizzare. Dallo sport (l’ultima novità è un accordo quadriennale per l’esclusiva del “Sei nazioni” di rugby con SNRL, Six Nations Rugby Limited) all’intrattenimento (vedasi, per dirne una, il grande trionfo di Fiorello e del suo show, ma anche l’arrivo di Lorella Cuccarini, Mike Bongiorno e forse anche di Adriano Celentano), Sky è un ciclone inarrestabile che accoglie ogni giorno nuovi proseliti felicissimi di tuffarsi in questa allegra bailamme di programmi e di canali tv (la piattaforma di Sky comprende oltre 170 canali tematici e a pagamento -pay per view). Libero di vedere finalmente ciò che vuole, quando lo vuole, il fruitore di Sky dopo un po’ considera questa totale libertà un diritto irrinunciabile che lo fa doppiamente riflettere su come abbia potuto accettare di essere, fino a quel momento, “schiavo” di un (limitato) palinsesto.
Non è difatti raro sentir dire, tra coloro che possiedono un decoder di Sky, “io non riesco più a guardare la Rai o Mediaset” dove, ad esempio, un film (tra l’altro “vecchio” di almeno due anni in un’epoca in cui la contemporaneità è tutto) viene proiettato ad un’unica ora e spezzettato per un numero infinito di volte dalle pause pubblicitarie causando tra l’altro il fatto che il suddetto film finisca ad un orario inaccettabile per chi magari il giorno dopo deve alzarsi presto per recarsi a scuola o sul posto di lavoro. Rai e Mediaset, in tutto questo, si difendono come possono: oltre allo strombazzatissimo digitale terrestre che promette grandi cose, i due colossi hanno creato insieme anche la “Tivù srl” – composta da Tivù e Tivù Sat. Il primo ha appunto il compito di promuovere il digitale terrestre, l’altro di replicare via satellite tutta l’offerta televisiva digitale terrestre non a pagamento. Basterà a reggere il passo con la volata di Sky dove obiettività, completezza, innovazione (anche tecnologica), cura verso i propri ascoltatori e verso le loro molteplici esigenze, varietà (intesa come grande possibilità di scelta), attenzione ai programmi educativi e di informazione, continuo aggiornamento sono il pane quotidiano?
Per restare nel linguaggio televisivo, staremo a vedere.