A-Social Networking. Mille contatti, zero contatto.
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La notizia è fresca ma non certo nuova: chat, social network, sms, e-mail possono generare comportamenti ossessivi, ansia e depressione. Alcuni psicologi americani lo chiamano “co-rumination”, ovvero l’esagerato bisogno, al limite del patologico, di condividere (o “mettere in piazza”) le proprie esperienze.
Il punto però è: una partecipazione di tipo virtuale corrisponde davvero al senso più puro del concetto di condivisione, ovvero di dividere con? In altre parole, se la condivisione presuppone, o meglio dà per scontata, la presenza dell’altro, non è forse una partecipazione falsata quella che avviene costantemente attraverso mezzi che, al contrario, non necessitano affatto della fisicità nello scambio?
Una volta, è vero, c’erano le lettere o il comune telefono. Al di là della maggiore scarsità dei mezzi virtuali rispetto ad oggi, era soprattutto la concezione di questi mezzi ad essere davvero differente. Ovvero la concezione che se ne aveva di “sostituti”. “Ti scrivo perché sei lontano e sono impossibilitata a vederti”. “Ti telefono perché non puoi essere vicina. In altre parole, perché non ho scelta”. Una volta, insomma, tra il vedere (di persona) e il sentire (via telefono o lettera) c’era una bella differenza ed era ovvio che potendo scegliere, tutti avrebbero preferito la prima possibilità. Proprio così: incontrarsi. Che vuol dire sentirsi davvero, guardarsi, persino toccarsi. Ed eccolo il rischio del virtuale, che può far rima con parziale o peggio, con irreale. Rapporti che sembrano più numerosi e più facili da gestire, ma che rischiano di chiuderci in una sfera protettiva che permette di esporsi senza la “fatica” di confrontarsi. (Ci) Siamo e non (ci) siamo, una parte contro il più complesso tutto. Ti concedo solo una voce, solo un pensiero che non è più spontaneo o di getto, ma sempre studiato e calcolato grazie al tempo che regala la distanza.
Senza la presenza non c’è timidezza, scompare la vergogna. Ci si sente più forti, da soli, ma con l’illusione di essere in tanti. Ed ecco che ad essere più a rischio sono gli adolescenti: più fragili e ancora incerti nella costruzione dei rapporti, perciò più esposti al pericolo di compromettere una normale e sana socialità. Giovani che comunicano da una parte all’altra della strada in chat, invece di scendere le scale e incontrarsi a metà strada per fare. Insieme. E poi, accanto e in parallelo, cresce il mondo di myspace, facebook, linkedin: nati con il lodevole intento di ampliare il proprio “parco amici” o di mettere a disposizione del mondo il proprio curriculum per allargare le possibilità lavorative, rischiano anche questi il pericolo di abuso. Avete presente quelle enormi tavolate dove nessuno riesce a comunicare davvero con qualcuno? Ecco, forse è il caso di riscoprire il piacere di una bella cenetta a quattro. Allora sì che è possibile condividere e “assaggiare” davvero qualcosa dell’altro.