Delitti in Famiglia.
La casa un luogo sicuro? Sbagliato: sono oltre 3 milioni gli incidenti che avvengono tra le mura domestiche, vale a dire che su 100 decessi per infortunio ben 56 avvengono tra le mura di casa e scuola (nel 1997 furono addirittura 8.400 i morti per incidenti domestici), contro – pensate un po’ – 37 nel traffico. La famiglia un nucleo amorevole e protettivo? Ancora più sbagliato: secondo recenti ricerche risulta infatti che la maggioranza delle violenze avviene ancora una volta dentro casa. Nel 53% dei casi autore della violenza è il marito o il compagno ma ce n’è tristemente di tutti i colori: figli che uccidono i genitori, madri che uccidono i figli, amici che uccidono gli amici e così via.
I cosiddetti “delitti in famiglia” purtroppo non sono dunque delle rarità. Tutt’altro. E proprio perché si scontrano con un immaginario fatto di aspettative in cui – appunto – ci si aspetta che i nostri genitori, o i nostri figli o i nostri amici siano coloro che ci vogliono più bene e non di certo coloro che ci fanno fuori, i “delitti in famiglia” sono quelli che fanno più scalpore e che ci colpiscono più nel profondo. Raccontati, analizzati e sviscerati per mesi e mesi su tutti i mezzi di comunicazione questi crimini ci ricordano che “fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio” persino – ebbene sì – se si tratta del nostro fidanzato o di nostro fratello.
Chi non ricorda, ad esempio, l’orribile strage di Novi Ligure del febbraio 2001? Erika di 16 anni e Omar di 17, fidanzati, uccisero la madre e il fratellino di soli 11 anni di lei. Sul corpo di Susy Cassini (la mamma di Erika) furono trovati i segni di 97 coltellate mentre su quello del piccolo Gianluca di altri 57 colpi. Mentre Erika è ancora in carcere a scontare la sua pena per quell’orrendo delitto, Omar è uscito di prigione proprio poche settimane fa suscitando ancora oggi la rabbia di molti. Ed è sempre fresco nelle nostre menti anche un altro terribile crimine consumatosi all’interno delle mura domestiche. Questa volta il fatto avviene nel gennaio del 2002. Siamo a Cogne, un piccolo comune della Valle d’Aosta, all’interno di una villetta sperduta tra le valli. La signora Anna Maria Franzoni uccide suo figlio di soli 3 anni – Samuele Lorenzi – mentre si trova nel letto matrimoniale. Lei non ha mai confessato e ancora oggi si proclama innocente ma la Corte di Cassazione – nel 2008 – l’ha invece ritenuta definitivamente colpevole del mostruoso infanticidio.
Pìù recenti sono poi altri due celebri casi di “delitto in famiglia” o quasi. Il primo è l’omicidio di Garlasco avvenuto nel 2007. Ecco cosa accadde: Chiara Poggi, una ragazza di 26 anni, venne trovata uccisa nella propria abitazione. Per anni l’unico imputato fu Alberto Stasi, ovvero proprio il fidanzato di Chiara Poggi, il quale però – alla fine di un lunghissimo processo – venne poi a sorpresa assolto dalle accuse. Il secondo caso, invece, riguarda un omicidio tra “amici”. E’ ancora il 2007 ma questa volta ci troviamo a Perugia. Una studentessa inglese – Meredith Kercher – viene ritrovata senza vita e con la gola tagliata nella sua camera da letto. Per il suo omicidio vanno in carcere la sua amica americana e coinquilina Amanda Knox, l’allora fidanzato di lei Raffaele Sollecito e Rudy Guede, un altro presunto “amico” della vittima.
Susy e Gianluca De Nardo, il piccolissimo Samuele Lorenzi, Chiara Poggi, Meredith Kercher – come tanti, troppo altri – sono dunque morti per mano dei propri familiari, degli amici, degli affetti più cari, di coloro che fra tutti avrebbero dovuto amarli di più. “Tu quoque Brute fili mi!” (“Anche tu, Bruto, figlio mio!”) – esclamava Giulio Cesare nel riconoscere tra i volti dei suoi assassini anche quello del suo amato figlio adottivo. Sì Cesare e purtroppo non eri un’eccezione.