Immigrazione e intolleranza. L’origine dei perché.
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Nell’era della globalizzazione a Lucca è stata vietata l’apertura nel centro storico di nuovi ristoranti etnici per “tutelare la tradizione locale”. A Nettuno, in provincia di Roma, un immigrato indiano è stato dato alla fiamme da tre ragazzi “per puro divertimento”. Può esistere una correlazione tra questi due fatti? Chissà. Magari molto alla lontana, ma forse sì.
Negli Stati Uniti un italiano, un francese, un inglese, un tedesco (non solo un rumeno, un marocchino, un filippino) che non siano in possesso della “Green Card” vengono espulsi dal Paese dopo un massimo di 3 mesi. In Italia migliaia e migliaia di immigrati clandestini approdano ogni giorno senza alcuna regolamentazione. E’ questa la loro meta, perché sanno che se ce la fanno, una volta arrivati, al 99 per cento restano. Ma sono tanti, troppi e poi, restano a fare cosa? La maggior parte purtroppo niente o quasi. In Italia non c’è mai stata nessuna Ellis Island: l’importante è dunque, appunto, arrivare. Al resto poi si provvede. Così pensano probabilmente tutti quei poveri sventurati che si imbarcano sui gommoni o che rischiano la vita nascosti tra le ruote di un camion. Il sogno di una vita migliore (o anche di una vita e basta) regala loro il coraggio di sfidare le insidie e la morte finché, una volta giunti a destinazione, non scoprono che tanto di meglio, forse, anche in Italia non c’è.
E’ così che in troppi cominciano a delinquere, ad abbandonarsi ai più bassi istinti, a imbruttirsi prima negli animi e poi, purtroppo, anche nelle azioni. Per un italiano l’immigrato è a prescindere sinonimo di delinquente, di persona povera o, nella migliore delle ipotesi, di individuo che vive comunque ai margini della società. Solo altrove l’immigrato non è esclusivamente questo ma un essere umano come gli altri, perfettamente integrato nella società, magari con un buon lavoro e una famiglia perbene al proprio fianco. Mancanze di regole e mancanza di limiti. Ecco la prima grande causa di razzismo e intolleranza che prolifera nel nostro (ex) Bel Paese.
Ma non è finita qui. L’immigrato delinque e l’immigrato, come l’italiano del resto, non viene punito. Violenze sessuali, furti, scippi, ubriachi al volante che uccidono e che dopo poco, troppo poco, sono già rimessi in circolazione, come se niente fosse. Un gigantesco buco nella giustizia che ha due effetti devastanti: da un lato mandare un messaggio pericolosissimo a chi delinque, ovvero “se sbagli, tutto sommato in Italia non paghi”; dall’altro far montare la rabbia dei cittadini, in questo caso italiani, che non si vedono difesi e tutelati e che quindi coltivano (e cosa ancora più grave trasmettono) l’idea di vendicarsi, di farsi giustizia da sé. Così ecco le ronde di quartiere, le generalizzazioni infamanti, i tentativi sempre più numerosi di linciaggio. Da qui ad una totale e gratuita mancanza di rispetto verso “il genere”, specie da parte dei giovani, il passo è breve. I tre ragazzi di Nettuno hanno dato fuoco ad un essere umano per divertirsi ma guarda caso non hanno scelto un coetaneo, un compagno di scuola o un uomo italiano. “Ci siamo fatti l’indiano” – hanno detto esultanti poco dopo l’ignobile gesto, perché in cuor loro pensavano che bruciare un immigrato è comunque, in qualche modo, meno grave, forse addirittura giustificato in partenza. Questo è il vero e più profondo razzismo.
Si è detto e scritto che la colpa è della mancanza di valori e di prospettive dei giovani, di uno spinello o di due birre, addirittura della noia. Dietro a tutto ciò, c’è però uno Stato che non ha regole né limiti e che troppo spesso dimentica inspiegabilmente di punire in modo giusto ed esemplare chi sbaglia. L’origine della diseducazione, dell’intolleranza, del razzismo, parte da qui. Molto prima che parta l’immigrato.