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A look outside the water
by Luisa Scarlata

Marcel Mauss e la Teoria del dono.

Marcel Mauss e la Teoria del dono.

credit: gullig

A chi crede che l’atto del donare (in volgo “fare i regali”), sia solo una pratica consumistica di cui siamo vittime assuefatte e incapaci di ribellarci, ecco in dono – appunto – la celebre e interessantissima visione di Marcel Mauss. Antropologo e sociologo francese, Mauss espresse ampiamente il suo pensiero nel 1924 quando pubblicò il suo “Saggio sul dono”. Prendendo spunto dall’osservazione dei costumi e delle usanze di società primitive e in particolare delle tribù Maori, Mauss osservò come lo scambio di beni è uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane. Fattore imprescindibile è per Mauss la reciprocità. Il meccanismo corretto del dono, per il sociologo francese, si articola difatti in tre fasi: dare, ricevere (non si può non accettare il dono ricevuto), ricambiare. L’obbligo della “restituzione” (seppur un obbligo palesemente di tipo morale) dunque c’è, anche se modi e tempi non sono rigidi ed anche questi presuppongono la fiducia negli altri e nel prossimo. Le relazioni tra gli uomini nascono dunque per Mauss dallo scambio. Scambio che viene “attivato” con un dono di una parte ad un’altra, la quale si sente in dovere di contraccambiare dando vita cosi ad una vera e propria catena di scambi.

Mauss mette in evidenza come il dono sia un ibrido: non è gratuito, non ha nulla a che fare con la “carità” e non è neppure uno scambio a fine di lucro. In realtà, spiega l’antropologo, nella pratica del donare confluisce anche una sfera “magica” e spirituale. Secondo Mauss, infatti, negli oggetti donati esiste un’anima che li lega al donatore rendendo così il bene materiale donato una sorta di prolungamento degli individui stessi. E se qualcuno fosse “allergico” alla pratica del donare? Come è possibile convertire l’egoista in altruista? A rispondere ci pensa un altro sociologo francese, Alain Caillé: “L’egoista non vuole tanto possedere, quanto “essere riconosciuto”. Certo, anche il dono può essere “interessato”, ma le indagini sociologiche dimostrano che “è interessante essere disinteressati”. Il “disinteresse”, insomma, paga”.
La prossima volta che faremo un regalo, anche sbuffando, potremo sentirci dei filosofi.

Last updated

April 10th, 2011