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A look outside the water
by Luisa Scarlata

“Disconnect”. Tu ci sei su Facebook?

“Disconnect”. Tu ci sei su Facebook?

credit: thos003

“Tu ci sei su Facebook?”. Attenzione, perché questa semplice domanda è in realtà molto insidiosa e il più delle volte prevede solo due possibili conseguenze. A) La risposta è affermativa quindi, poiché anche tu fai parte di questa immensa sorta di gioco di società, allora colui che ha fatto la domanda continuerà ad intrattenere rapporti con te. B) Non sei su Facebook?!!!? (sì, perché chi sta su Facebook non contempla nemmeno lontanamente la possibilità che qualcun altro invece non ci sia, ergo che abbia una vita vera).

Allora, poiché probabilmente sei morto e non lo sai, hai comunque qualcosa di decisamente strano: l’autore del quesito non vorrà più avere contatti con te, dimenticando persino che da qualche parte, probabilmente prima dell’avvento di Facebook, vi eravate comunque e in qualche modo incredibilmente conosciuti.

Viene da chiedersi come mai se fino a poco tempo fa per avere contatti con una persona, un amico, si poteva usare anche la mail, il telefono o addirittura il vedersi (sì, quella cosa che si fa uscendo di casa, incontrandosi, guardandosi in faccia e parlando occhi negli occhi) oggi tutte queste alternative vengono totalmente snobbate dagli abitanti di Facebook. Se ponete questa domanda, la risposta è spesso quella più incredibile: “perché scrivere una mail o telefonare è molto più faticoso”.

Faticoso?! Lavorare in miniera è faticoso, studiare è faticoso, allevare un figlio è faticoso. Ma per l’utente tipo di Facebook telefonare ad un amico è faticoso. Allora forse la chiave di tutto sta appunto in quella parolina che è l’esatto opposto della fatica, ovvero la facilità. Facebook è un immenso serbatoio di “amicizie” facili. Cento, mille amici tutti lì a portata di clic, con cui condividere il club della Nutella o dei Simpson, una sorta di paesone narcisista, di “Novella 2000” delle persone comuni in cui il pettegolezzo domina senza neppure fare la fatica di mettere il naso fuori di casa per andarselo a cercare.

E allora via a guardare i profili (ovviamente se non falsi decisamente poco obiettivi) e le foto di tutti (che male c’è? Se ce le hanno messe vuol dire che vogliono essere guardati!), a cercare l’amico dell’amico dell’amica, l’ex fidanzato delle elementari, quella che mi piaceva quando avevo quindici anni e che-voglio-vedere-come-è-diventata-che-oggi-magari-si-vuole-mettere-con-me.

Un mondo di virtuali illusioni che funziona perché elimina ciò che è intrinseco nella costruzione e nel mantenimento dei rapporti umani: il rischio e, appunto, la fatica. Perché sudarsi un’amicizia o un amore veri quando stando comodamente seduti su una sedia ci si illude di avere una vita perfetta, fatta di mille ipotetici rapporti interpersonali di ogni tipo? Chi non sta su Facebook è “out”. Infatti è lì che vive la vita vera: fuori. Tutto il resto – e sono spaventosamente tanti – sono invece troppo “in”. In quel mondo parallelo in cui finiscono per passare ore e ore, fino a giornate intere.

Non c’è computer in ufficio che non abbia sempre una finestra aperta su Facebook né scrivania di studente che fra un paragrafo e l’altro non commenti l’interessantissimo messaggio di uno dei trecentosettantasette amici, tipo: “l’hai vista la partita?”.

A dare ragione a queste poche righe sono ormai in molti: il recente film di Henry Alex Rubin “Disconnect“, ad esempio, o ancora un importante studio effettuato dall’“Ohio State University” il quale dimostra, dati alla mano, come gli studenti del college che usano Facebook hanno voti più bassi rispetto a quelli che non lo utilizzano.

I rischi del celebre social network, ovviamente, non finiscono qui e, poco a poco, stanno venendo tutti alla luce: il proliferare di gruppi pericolosi come quelli razzisti, nazisti o dei guastatori di feste organizzate (“Republican Army”) e, soprattutto, l’incognita data dall’esposizione non controllata e permanente dei propri dati personali che mette gli utenti di Facebook a rischio di facili manipolazioni, truffe e persino di veri e propri furti di identità.

Ad oggi questi pericoli sembrano preoccupare ancora troppo poco l’ingenuo popolo di Facebook, ma quanto durerà? Il ridimensionamento del fenomeno è già lentamente cominciato e qualche pentito è uscito allo scoperto. Facebook farà dunque la stessa fine di Second Life? Può darsi: in fondo mantenere in vita anche il proprio avatar è faticoso eccome! Prima o poi, speriamo davvero, tornerà la sana voglia di tenersi solo la propria modesta vita reale, con quei famosi amici veri che sì, si contano sulle dita di una mano ma con i quali è possibile vedersi e a farsi una bella risata, magari con un buon bicchiere di vino in mano. Allora si potrà tornare semplicemente a chiedere: “Ci sei?”.

Last updated

January 23rd, 2014