Caso Meredith, la sentenza.
credit: Kelly Schott
Ci eravamo davvero abituati a vedere questi giovani volti. Quello di Meredith Kercher, la vittima, nella sua ultima foto in cui beffardamente sorride felice vestita da Halloween.
Quello di Amanda Knox, bello e angelico ma con quel “non-so-che” di diabolico nello sguardo. Quello di Raffaele Sollecito, l’ormai ex fidanzatino di lei e infine quello di Rudy Guedé, l’ivoriano condannato fin da subito con rito abbreviato a 30 anni di reclusione.
Anche della loro triste storia – volenti o nolenti – conoscevamo ormai ogni più piccolo e macabro dettaglio: Meredith, studentessa inglese in Italia nell’ambito del progetto Erasmus, divide la casa a Perugia con due ragazze italiane e con Amanda Knox, studentessa americana originaria di Seattle, anche lei nel nostro Paese per ragioni di studio.
Nella notte tra il 1° e il 2 novembre del 2007 Meredith, dopo aver subito molestie sessuali, viene assassinata con un profondo taglio alla gola (la ragazza muore infatti a causa dell’imponente perdita di sangue che fuoriesce dalla ferita). Dell’omicidio e della violenza sessuale vengono appunto accusati l’ivoriano Rudy Guedé, la coinquilina americana Amanda Knox e il suo fidanzato italiano di allora Raffaele Sollecito (in un primo momento in realtà, a causa di alcune false dichiarazioni fatte dalla stessa Amanda, venne imprigionato anche il congolese Patrick Lumumba Diya, in seguito risarcito per ingiusta detenzione con la somma di 8mila euro).
Quello che da molti è stato definito come “il caso Meredith” è diventato fin da subito un vero e proprio evento mediatico. Programmi tv di ogni genere, riviste, quotidiani, telegiornali italiani ed esteri hanno infatti fin da subito seguito passo passo i risvolti di questa drammatica vicenda con maniacale e a volte anche eccessivo accanimento e morbosità.
Di Meredith, di Amanda e di Raffaele è stato detto, pensato e scritto di tutto. Verità, illazioni e bugie hanno riempito pagine e pagine di giornali alla ricerca spasmodica della verità e soprattutto delle ragioni di un delitto così spietato e insensato. Per quale motivo è stata uccisa Meredith? Perché due giovani all’apparenza benestanti e senza problemi mentali o di altra natura si trovano invischiati in una faccenda così crudele e squallida? Davvero Amanda – la ragazza con la faccia pulita che adora i Beatles e si presenta al processo con la frase “All you need is love” scritta sulla maglietta – odiava così tanto Meredith al punto di arrivare ad ucciderla? Amanda era una ragazza facile e astuta come l’hanno descritta? E che ruolo ha avuto invece Raffaele? Sul serio era soltanto succube della sua diabolica fidanzata? (in questo caso ci torna alla mente un altro terribile delitto che aveva una giovanissima coppia per protagonisti e cioè Erika e Omar.
(Anche allora si disse che la mente del delitto era lei e che lui aveva solo eseguito per compiacerla).
La morte di Meredith è stata solo la tragica conseguenza di un “gioco” sessuale finito male? Chi ha detto la verità e chi invece ha mentito e continua a mentire? Queste e molte altre domande hanno tormentato per oltre due anni l’opinione pubblica ma soprattutto i giudici che per undici mesi (tanto è durato il processo che ha avuto ufficialmente inizio il 16 gennaio scorso) hanno avuto il difficile compito di comprendere e giudicare prima di poter arrivare all’attesissimo verdetto finale.
Un verdetto che è arrivato il 5 dicembre e che ha voluto Amanda e Raffaele colpevoli dell’omicidio di Meredith. 25 anni di detenzione per lui, 26 per lei (uno in più per aver ingiustamente accusato e calunniato Patrick Lumumba). Così giunge al termine (ma sarà davvero così?) “il caso Meredith”: con una giovanissima vita spezzata e altre tre rovinate per sempre. E forse, per un po’, calerà il triste sipario.