The

A look outside the water
by Luisa Scarlata

“La bestia” e la vergogna.

“La bestia” e la vergogna.

C’è un libro, un libro che sto leggendo, che mi fa sentire unconfortable, come direbbero gli americani, a disagio. Perché è un libro che mi fa vergognare di me, della mia condizione, della mia vita, della mia fortuna. Il volume si intitola “La Bestia” ed è scritto da un coraggiosissimo “reporter” che di nome fa Óscar Martínez.

In genere mi porto i miei libri ovunque vada, per approfittare di qualsiasi momento utile per leggere. Eppure…eppure questo libro è uno di quelli che bisogna rispettare, che non si può leggere dal parrucchiere con la tinta in testa, in spiaggia mentre si ruba il primo sole o al bar mentre si addenta un cornetto o si sorseggia il cappuccino più buono della città. Come dicevo, ciò mi mette in totale disagio perché mi pare un ulteriore affronto, una profonda mancanza di rispetto verso ciò che sto leggendo, verso le storie assurdamente dolorose e vere che vengono fuori dalle pagine di questo libro.

Per capirci, io sono seduta al sole, in una comoda sedia e assaporo il mio caffè caldo mentre leggo di un immigrato messicano, uno dei tanti, che sogna di raggiungere il Nord America, in cerca di una vita migliore, di una vita più giusta; per questo motivo sta aggrappato sul tetto di un treno, di notte. Questa persona non dorme da giorni e sebbene abbia continuato a ripetersi di non mollare mai il suo appiglio, di restare sveglio, dopo ore di freddo e di vento e di fame e di paura cade a sua insaputa addormentato. Sono pochi secondi che bastano per farlo scivolare giù. Il movimento lo sveglia ma è troppo tardi: una delle sue gambe è già finita sotto le rotaie del treno e adesso, l’uomo può vederlo, non c’è più. Così il suo ultimo pensiero è più forte del dolore: “chi mi prenderà mai a lavorare al “norte” con una gamba sola?“. E’ di nuovo un altro attimo e l’uomo si butta giù, sotto al treno, a raggiungere la sua gamba. In quello stesso momento, torna il cameriere e mi chiede se voglio un altro caffè o magari una bella fetta di torta al cioccolato. L’hanno appena fatta.

Come si fa a non avvertire la dicotomia, l’imbarazzo? Noi siamo di qua a bere cappuccini caldi; da un’altra parte, altri esseri umani come noi, sono aggrappati ai treni in corsa; noi non sappiamo se mangeremo una torta, loro non sanno se arriveranno vivi.

Questo siamo, così va il mondo. C’è qualcosa, anche piccola, che si può cambiare? Non leggerò questo libro al bar, né sdraiata su di un comodo divano ma in fondo dove potrei mai leggerlo senza provare comunque una profonda, ineluttabile vergogna? Così penso che sebbene mi metta a disagio è un bene che io continui a leggere questo volume, anche se sono in spiaggia. Perché capire cosa c’è dietro ad una etichetta, in questo caso quella di “immigrato”, è fondamentale per mettere in atto qualsiasi tipo di cambiamento. Così mi vergognerò, mi sentirò a disagio ma sarà sempre meglio di vivere come coloro che questi sentimenti non li provano; perché non sanno, perché sono ignoranti e quando scorgono un barcone arrivare sono capaci di vedere esclusivamente un nemico e non un uomo solo, su un treno, che ha appena visto la sua gamba rotolare via dietro di lui.

Last updated

May 6th, 2015