Michael Jackson. L’ultimo moonwalker.
credit: buridan
I social network, devastati dalla notizia (il cantante è morto appena pochi giorni fa nella sua casa di Los Angeles per motivi ancora poco chiari, anche se le ipotesi più accreditate sono quelle che parlano di abuso di farmaci), sono letteralmente scoppiati – fin dai primi minuti in cui è trapelata la notizia – di commenti, condoglianze, ricordi, incredulità, pianti accorati alla ricerca, come sempre, di condivisione quasi come se lo sgomento, lo stupore, la tristezza potessero farsi meno pesanti se divisi fra tanti. E in questo caso tanti vuol dire milioni di persone sparse letteralmente in tutto il mondo. Una morte, quella di Jackson, che ha definitivamente consegnato questo incredibile artista alla Storia rendendolo per sempre un’icona, un simbolo unico e inimitabile che non potrà mai essere dimenticato.
Accostare Michael Jackson a John Lennon,Elvis Presley, Marilyn Monroe, Jim Morrison, Jimi Hendrix, James Dean non solo è facile ma è soprattutto spontaneo. Artisti e personaggi straordinari, unici nel loro genere, imitatissimi con la consapevolezza che niente e nessuno potrà mai lontanamente essere come loro, immortali seppur scomparsi quasi tutti prematuramente, troppo presto, quasi come se questo mondo così ordinario facesse troppa fatica a trattenere con sé tanta magia ed eccezionalità. Una morte precoce, dunque, anche quella di Jackson, tuttavia una morte che turba più delle altre avvenute per lo più per cause legate alla droga (che in qualche modo viene associata al successo quasi fosse un binomio inevitabile) o di tragici eventi e/o incidenti. Michael Jackson però non si drogava, non è stato ucciso da un fan impazzito né da un tragico incidente automobilistico. Michael Jackson è morto per un’ossessione che gli è stato permesso coltivare e mettere in pratica tante, infinite volte, finché non è stato semplicemente troppo. Fin dai tempi di “Thriller”, come tutti sanno, il cantante si è accanito sul suo stesso fisico sottoponendolo ad una serie interminabile di interventi di chirurgia plastica che hanno finito per renderlo una sconcertante maschera fuori e un corpo debilitato e fragilissimo dentro. Una, tante inquietanti domande aleggiano allora fra tutti i suoi fan che in queste ore si scambiano senza sosta dolore e impressioni sul web: perché viene impedito di morire se si è magari in coma da vent’anni ma è permesso giocare alla roulette russa con il proprio corpo se solo, sbagliando, lo si desidera? Chi decide qual è il confine tra il cosa si può fare e cosa no con il proprio fisico e con la propria vita? Quando è successo che la medicina e la chirurgia si sono trasformate in beauty farm a suon di bisturi (e di medicinali e antidolorifici a vita poi) senza che niente regoli questa perversione? Perché la morale appare e scompare a seconda degli interessi economici dei coinvolti di turno? Sarebbe poi così sbagliato proibire finalmente gli intervesti estetici non strettamente necessari? Sarebbe così folle considerare almeno l’idea di limitare ad un massimo di due o di tre interventi sul proprio corpo a meno che non siano giustificati da ragioni puramente mediche?
Michael Jackson si è suicidato poco a poco ed è morto in nome di una libertà (di fare ciò che si vuole con se stessi, ma – attenzione – non sempre) che ha arricchito certamente molti. Forse, se qualcuno avesse provato ad aiutare la sua mente piuttosto che assecondare le sue fobie sul corpo, oggi sarebbe ancora qui a preparare quei concerti che tutto il mondo aspettava. Non è andata così e Michael, che è già icona e non più uomo in carne ed ossa, è li che ci saluta dal suo ultimo moonwalk. Non ci resta dunque che dirgli definitivamente addio con la speranza che anche da lassù, dove si trova adesso, riesca a fare del mondo – per citare parole sue – un posto migliore. For you and for us.