Nuova Influenza, vecchie strategie.
credit: luca_volpi
Che della cosiddetta Nuova Influenza non ci si sarebbe capito mai molto era facilmente intuibile fin da subito. A partire proprio dal suo nome che all’inizio era “Mexican Flu” o, più precisamente, “Influenza Suina” (come ancora si chiama in gran parte del mondo), un appellativo che venne però subito cambiato perché ahinoi, gli italiani smisero subito di comprare carne di maiale e questo decisamente non piaceva a molti.
Ecco allora nascere “l’Influenza A”, pronta ad essere presto sostituita con un nuovo e più imponente nome di battesimo: “Virus A-H1N1”. Spaventoso quanto basta e con quel sapore tecnico/scientifico che rendeva bene l’idea dell’importanza della Cosa. Peccato che anche stavolta il nome si portava dietro alcuni svantaggi: difficile da pronunciare e, soprattutto, difficile da ricordare. Un nome semplice che potesse stare sulla bocca di tutti si rendeva dunque a questo punto indispensabile; eccoci giunti ad oggi, momento in cui non esiste nessuno, ma proprio nessuno, che non parli della “Nuova Influenza” (appellativo in realtà assai generico ma adatto allo scopo). A questo punto si potrebbe pensare che tolta la “rogna” del nome, chiarezza potesse essere finalmente fatta.
Niente di più lontano dalla verità.
Volete fare un test? Mettetevi davanti ad uno qualsiasi dei nostri tg e concentratevi non appena le facce dei telecronisti si fanno gravi a corrucciate, ovvero quando iniziano a parlare della Nuova Influenza. Tutte le volte, finita la predica e il servizio, rimarrete con la stessa fastidiosa sensazione: quella di essere diventati improvvisamente e completamente stupidi: non ci avete capito niente, nulla di nulla. Il maledetto virus è più innocente di un banalissimo raffreddore e, al contempo, micidiale al punto tale da provocare la morte. Bisogna stare tranquilli e nello stesso tempo attendere il miracoloso vaccino come fosse l’unica fonte di salvezza. Non c’è nulla di cui preoccuparsi ma è meglio andare in giro con la mascherina disinfettandosi le mani ad ogni passo come forsennati. Non bisogna andare nel panico e scatenare nessuna psicosi ma il numero dei contagiati e dei decessi viene aggiornato con dovizia e precisione giorno dopo giorno.
Nessuno è in reale pericolo ma certo se sei incinta, sei neonato, bambino o anziano sono cavoli tuoi. Con la riapertura delle scuole poi, il caos e la disi-mala-informazione regnano sovrani. Anche in questo caso il contagio a tappeto è alle porte ma le scuole – eh no – non si chiudono. Perciò mamme, mettetevi buone, riempite gli zainetti dei vostri figli di disinfettanti per le mani (pare che a Milano siano ormai introvabili in qualsiasi farmacia della città!) e soprattutto spiegate ai vostri ragazzi che A) devono smettere assolutamente di baciare e abbracciare gli amici (qualcuno ha suggerito addirittura il saluto orientale: mani in preghiera e piccolo inchino a distanza; immaginatevi la scena in un liceo romano: “Ao’ cciao Marcé!”, inchino e via); B) che se vedono un compagno starnutire o soffiarsi il naso devono subito emarginarlo ed evitarlo come fosse un appestato (del resto chi lo sa, magari appunto lo è! Via! Allontanatevi!). A questo punto il dubbio sorge spontaneo: “e se tutta questa confusione non fosse in realtà casuale ma voluta e facente parte di un piano ben preciso volto a portare alle case farmaceutiche (e a tutto quello che ci gira intorno) quanti più benefici/soldi possibili dall’intera faccenda?” Se, come sempre più spesso accade, non fossimo altro che burattini manovrati a dovere e portati in questo caso ad esempio, prima a fare rifornimento per tutta l’estate di farmaci che potessero proteggerci in caso di contagio all’estero (farmaci tra l’altro spesso venduti senza alcuna prescrizione a rischio e pericolo di chi è corso fiducioso ad acquistarli), e ora indotti a fare razzia di mascherine, di prodotti per disinfettare le mani in attesa di scannarci per ottenere proprio noi quel famoso e attesissimo vaccino “salvavita” che forse non sarà a disposizione per tutti?
Chissà. Ma vale la pena pensarci, quando automaticamente ci laveremo per l’ennesima volta le mani.